•Save Me From Myself•, ~ Perchè I Ricordi Fanno Male ~

« Older   Newer »
  Share  
•»baby.mOny.} ~
view post Posted on 24/12/2008, 20:18     +1   -1




Note introduttive: Dopo un lungo periodo di sospensione, ho pensato di riaprire una nuova Fan Fic, che sarà la testimonianza che il mio modo di scrivere in questi mesi è cambiato, in positivo spero. Un nuovo modo di esporla e condividere con voi. Uno dei cambiamenti radicali è che nelle mie fan fic, a differenza delle altre, non ci sarà solo 100%­Romanticismo, ma colpi di scena e avvenimenti intrecciati, che erano quasi assenti nelle altre tre. Così come ha fatto chiara, mi piacerebbe che ognuno di voi entrasse nella mente del personaggio e capire quale sarebbe la soluzione giusta per proseguire il resto degli avvenimenti.
Spero, infine, di non copiare nessuno che abbia precedentemente scritto qualche fan fiction, e che se lo farò, non sarà volontariamente e se vorrete, apporterò subito provvedimenti.
Detto questo, spero che la fan fiction vi piaccia.! Buona Lettura!

•Save Me From Myself•



Capitolo 1
Gli occhi scuri e profondi guardano la strada che sfreccia veloce davanti al suo sguardo triste e stanco di cambiare vita.
Appoggia un braccio al finestrino del taxi per assaggiare la leggera brezza di quella nuova città, ancora tutta da conoscere e apprezzare. Il vento di New York le sfiora i capelli mossi, che ricadono morbidi sulle spalle.
Lo sguardo è velato da quegli occhiali da sole neri, che probabilmente servono a nascondere una tristezza affiorata durante quelle lunghe ore di volo, che le sembrarono non passare mai.
Portava l'Ipod alle orecchie, probabilmente per non sentire la quotidianità di quel posto. La Track era sempre quella. "Tutto quello che ho".
Preferiva non ricordare, voleva dimenticare, ma non era facile. Sapeva che in fondo, l'altra metà del suo cuore non era ancora pronta a dimenticare e mettere da parte l'Amore che provava per lui. L'amore che era stato un Amore con la A maiuscola. Un Amore che non poteva andare rinchiuso in un cassetto, che poi avrebbe solo sperato di riaprirsi.
Ma lei era lì. Partita con il suo bagaglio di sogni e di speranze.
Pronta per fare ciò che desiderava di più, ma che le lasciava alle spalle la parte più grossa della sua vita, rimasta a Roma, la sua vera città.
Sentiva lì, in quel momento, il vento intrepido di New York sfiorarle il viso abbronzato, e la pelle morbida.
I suoi pensieri furono interrotti dall'autista che le chiedeva di scendere.
<signora, scusi, si ferma o dobbiamo stare ancora qua? Ho sbagliato indirizzo?> L'autista moro si rivolse ad Eva, entrando di petto nei suoi pensieri, interrompendoli.
<no mi scusi, ero sovrappensiero. L'indirizzo è questo, spero> Pagò e scese dal taxi, prendendo dal bagagliaio le sue quattro enormi valigie. Si tolse gli occhiali da sole, appoggiandoli con delicatezza fra i morbidi capelli neri, togliendo le cuffie dell'Ipod dalle orecchie.
Era arrivata.
Un appartamento di New York al tredicesimo piano la attendeva.
E lì ad attenderla c'era lui. Ma non il lui che avrebbe desiderato trovare sulla soglia della porta, aspettandola, e una volta arrivata, pronto a stamparle uno dei suoi baci dolci e caldi.
C'era l'uomo con cui aveva scelto di vivere, e di passare gran parte dei suoi anni.
Ma non aveva progetti futuri. L'unico obiettivo era quello di laurearsi in giornalismo e tornare subito a Roma per lavorare da quelle parti.
L'ascensore marmoreo si aprì di colpo, e lì, c'era Alex ad aspettarla, pronto ad aiutarla con le valigie.
<amore! Finalmente sei arrivata!> Corse verso di lei, abbracciandola e aiutandola a uscire le valigie dall'ascensore.
<tutto bene, per fortuna nessun ritardo> Lo abbracciò, respirando il suo dolce profumo di Armani, un regalo di Natale.
Sciolsero quell'abbraccio ed entrarono in casa.
Eva rimase colpita dalla bellezza di quell'appartamento, in cui si sarebbe svegliata nei prossimi mesi, ammirando fuori dai vetri, la magnificienza dei grattacieli e della città in sè.
Non appena entrati, si trovava di fronte a un accogliente salotto. I divani in pelle erano posizionati esattamente come a casa Cesaroni. Disposti a incrocio.
Al centro vi era posizionato un tavolo basso in legno di ciliegio, che accoglieva qualche giornale buttato a caso, e un vaso di margherite.
Alla sinistra, invece, c'era la cucina.
La cosa che Eva desiderava di vedere più di qualunque altra cosa, erano le tipiche cucine americane. Era esattamente come se l'era immaginata.
Percorrendo il resto del corridoio, si accedeva al bagno, e poi alla camera matrimoniale.
Un letto tipicamente Newyorkese con le lenzuola bianche, stirate alla perfezione
<hai visto che meraviglia?> disse Alex euforico come un bambino
<e' bellissima.. > rispose, continuando a guardare intorno.

Una volta finito il giro, si sedettero sul sofà.
In quell'istante, il telefonino di Eva iniziò a squillare freneticamente.
<tesoro! Sei arrivata? Tutto bene? Com'è NewYork? E la casa? > Lucia. Sempre la stessa. La donna di casa. Ma la stessa donna che amava gli interrogatorii.
Alla voce di Lucia si sovrapponevano quella di Rudi, Alice, Mimmo, Giulio e Nonna. Tutti. Tutti tranne lui.
<si mamma, sto bene. Sono arrivata puntualissima, e la casa è veramente bellissima> tagliai corto
<benissimo. Già ci manchi..> Un briciolo di tristezza comparì nel mio volto
<boni! E Rudi basta! Ce devo parlà io..> La voce ironica e severa di Giulio mi fece tornare immediatamente il sorriso..
<anche voi. Mamma, adesso vado, sai, qua sono le undici di sera..>
<ah si tesoro, scusa! Buona notte! Un bacione!>
Finimmo di parlare, e tirai un sospiro di sollievo, soddisfatta di essere riuscita a scampare a quella conversazione.
<scusa, sai come sono fatti> gli feci un sorriso
<non ti preoccupare tesoro. Sono così contento che tu sia qui. Non so se ce l'avrei fatta senza di te.>
Alex appoggiò la sua solita mano fredda le sfiorò una guancia, appoggiando quelle labbra delicate a quelle di Eva, facendole aderire fra loro.
Non era lo stesso sentire il sapore dei baci di Alex, a differenza di quelli di Marco.
Al solo pronunciare il suo nome mi veniva una stretta al cuore, essendo cosciente di essermi comportata come una vera stronza.
Mi resi conto che l'avevo ferito, avevo spiattellato il suo cuore come le tessere di un puzzle. Forse un giorno mi avrebbe perdonata, quando avrebbe trovato qualcuna che possa aver curato le sue ferite, che gli si erano impiantate a causa mia.
Io e Alex ci accoccolammo in quel bellissimo letto matrimoniale, dal quale si scorgeva l'intera New York.
Un pò caotica, un pò rumorosa, un pò piena di gente. Ma diversa da come me l'ero immaginata.
Chiusi gli occhi, avvolta nel caldo abbraccio di Alex, e mi addormentai.
Pronta ad iniziare una nuova vita, una nuova carriera, ma soprattutto una nuova avventura...
 
Top
0 replies since 24/12/2008, 20:18   165 views
  Share